La mia passione per la geologia e la vulcanologia iniziai a coltivarla fin da piccola. Poi, finalmente, durante il mese di Agosto 2017 ho deciso proprio di mettermi in viaggio alla scoperta del vulcano più grande d’Europa: l’Etna.
Un tour durato due giorni che mi ha permesso di visitare il lato Nord del monte, alto 3330 metri, grazie alla guida AIGAE Erminia Granata. Il sentiero da dove partiamo è chiamato Serra delle Concazze, in prossimità del rifugio Citelli, luogo di sosta per la notte. Durante il nostro percorso avremo anche modo di visitare la grotta di Serracozzo, la valle del Bove fino ad arrivare a 2500 mt, sul monte Simone.



Colata lavica visibile dalla strada che porta al rifugio Citelli
Il parco dell’Etna occupa una superficie di 59.000 ettari e preserva specie animali come tenebrionidi (dei coleotteri polifagi), lepri, volpi, gatti selvatici e uccelli come aquile falchi e poiane. La maggior parte delle specie floristiche che vi troviamo sono endemiche, cioè possiamo trovarle unicamente in questo territorio. Erminia ci mostra infatti il Tanacetum siculum, pianta erbacea dalle infiorescenze gialle da cui si ricava un ottimo liquore aromatico.



Tanacetum siculum
Mentre continuiamo a salire sul vulcano, scatto qualche foto ammirando la bella vista dinanzi a me: boschi, colline ed infine, lontano, il mare. Nel lungo viaggio si può osservare un tipo di betulla chiamata Betula aetnensis. Tale specie rappresenta una tipologia di endemismo definito per territorio ristretto, ovvero particolare solo di questo versante vulcanico. La sua è un origine nord europea, dalla quale si distacca totalmente per adattarsi al clima specifico del mediterraneo.



Betulla Aetnensis
Nel nostro percorso siamo totalmente immersi nella natura e nei boschi di betulle. Tra di esse possiamo osservare il passaggio dei primi abitanti del monte: “u pagghiaru”, così chiamato dai siciliani, la prima architettura rurale dell’Etna, visibile nei pressi di Bronte, Randazzo, Maletto. È un edificio a forma conica usato dai contadini e pastori come riparo dal vento vulcanico. Le costruzioni sono costituite da rocce laviche accantonate tra loro e le si trovano spesso nei boschi per una maggiore protezione dalle condizioni ambientali.
Arrivati a quota 1800 metri, rimaniamo circondati solamente da tanaceti e piccoli arbusti come astracantha sicula. Intorno a noi il belvedere di Serracozzo, dove si aprono le bocche effusive inferiori, sviluppatesi dall’eruzione del 1971.



piccoli arbusti di astracantha sicula
Sul lato sud una cavità: l’ingresso della grotta di Serracozzo. L’ambiente contiene una fessura eruttiva alta un paio di metri. La sua larghezza non supera i 3 metri e inoltre scorre per oltre 350 metri. Come ci spiega Erminia, le grotte laviche si possono formare in differenti modi: in questo caso la lava, scorre ad elevate temperature (1000-1200 °C), e porta con sé alcuni gas quali acido cloridrico, anidride solforosa, CO2, causandone la loro combustione. Le pareti più esterne, una volta raffreddate, subiscono un ulteriore fusione. La parte esterna della colata lavica rimane invece solida, mentre all’ interno continua lo scorrimento verso valle del magma.



Io ed Erminia, guida AIGAE



colate laviche al di sopra della grotta di Serracozzo
Usciti dalla grotta, intorno a noi un paesaggio splendido che merita davvero di essere fotografato. Non rimane che continuare col nostro percorso, ma andremo avanti al prossimo articolo.
scritto da Sara Biancardi
foto di Sara Biancardi
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