Indagine sulle cause antropologiche, scientifiche e politico-economiche della mattanza dei cetacei, fenomeno in spaventosa crescita
Cosa hanno in comune la Norvegia e il Giappone? Il secondo paese più felice al mondo e l’Impero Nipponico – oltre ad essere entrambi governati da dinastie reali antichissime – sono accomunati da un’attività molto poco nobile per l’uomo: la mattanza dei cetacei (i mammiferi marini come balene, orche e delfini). In questo articolo andremo ad analizzare le possibili cause che si celano dietro questa deplorevole pratica, nonché le motivazioni addotte dai governi dei paesi per giustificarla.
Partiamo dal Giappone
In Giappone l’usanza di mangiare carne di balena risale al secondo dopoguerra, quando, in seguito agli episodi di Hiroshima e Nagasaki, gli Americani concessero in uso alla popolazione locale stremata dalla fame le proprie baleniere per procurarsi cibo. Oggi, tuttavia, solo il 5% dei Giapponesi consuma regolarmente carne di balena. Sono per lo più anziani, memori di quel difficile periodo storico. Le tonnellate di cibo in eccesso vengono immagazzinate in celle frigorifero (a spese dello Stato), vendute come carne di cane e gatto, o distribuite nelle mense scolastiche.
Per giustificare lo sterminio di questi animali – che a Maggio 2018 ha portato alla morte di 333 esemplari durante la stagione della caccia (in maggioranza femmine in stato di gravidanza o cuccioli di balenottere minori, di fondamentale importanza per la sopravvivenza della specie) – le autorità giapponesi adducono come fine delle loro azioni la ricerca scientifica, ovvero la necessità di studiare età, abitudini e dimensioni dei questi mammiferi marini.
Queste motivazioni non convincono l’opinione pubblica mondiale. Il direttore delle campagne per GreenPeace Italia Alessandro Gianní sostiene che dietro questa pratica ci siano ingenti interessi non solo economici ma anche politici, in quanto i proventi di queste attività – che dovrebbero essere destinati a fondi per la ricerca – in realtà finiscono nelle tasche di ex funzionari e politici del Ministero della Pesca.
La situazione in Norvegia
Il paese scandinavo, seppur in testa alle classifiche mondiali per qualità della vita, detiene il primato nell’ambito della mattanza dei cetacei (soprattutto di balenottere minori, Balaenoptera Acutorostrata). Tuttavia, al contrario di quello Giapponese, il governo norvegese dichiara apertamente lo scopo commerciale dell’uccisione di questi mammiferi che si svolge nella stagione primaverile. Queste azioni avvengono nonostante i divieti internazionali e la moratoria dell’International Whaling Commission.
Inoltre, come denunciato in un documento del 2015 di due ONG ambientaliste (una americana e una inglese), solo una piccolissima parte del bottino di caccia arriva sulle tavole dei Norvegesi. Il resto viene importato in Giappone, oppure è utilizzato in ambito cosmetico (ad esempio per creare creme per la pelle a base di olio di balena) o ancora è impiegato nell’industria dell’abbigliamento per confezionare capi pregiati.
L’Islanda e Kristjan Loftsson
Anche l’Islanda è nota per l’uccisione dei cetacei (spesso in gravidanza). Ciò che indigna maggiormente l’opinione pubblica è il metodo con cui questa pratica viene portata avanti. Infatti le balene sono prima colpite con un arpione esplosivo, poi sventrate e, se presente, viene eliminato il feto.
Negli ultimi mesi, in particolare, ha provocato molto scalpore la figura del noto magnate islandese Kristjan Loftsson, considerato il maggior responsabile della mattanza di balene in Islanda. Quest’ultima è portata avanti dalla sua compagnia navale Hvalufar.
L’imprenditore settantacinquenne, in un’intervista rilasciata al New York Times, ha giustificato il suo business come “attività sostenibile”. Inoltre ha invitato i turisti che praticano attività di whale watching (molto più redditizia della caccia) a guardare da un’altra parte. Nonostante tutto ciò, l’Islanda sembra decisa ad attuare campagne volte alla salvaguardia dell’ambiente, punto cruciale del programma politico della premier neo-eletta Katrin Jacobsdottir.
Testo di Gloria Scisciani
Fonti e riferimenti:
- Focus Junior: “ La classifica dei paesi più felici al mondo”;
- La Repubblica: “Oltre cento balene incinte uccise dai cacciatori giapponesi”;
- Il Fatto Quotidiano: “Giappone, la mattanza inutile delle 333 balene. Greenpeace: “serve solo a mantenere un ente del Ministero””.
- La Nuova Ecologia: “Islanda, due anni di stop ricomincia la caccia alla balenottera azzurra.”
- Il Fatto Quotidiano: “Caccia a balene, negoziati falliti dopo 20 anni. No di Islanda, Giappone, Norvegia e Russia a riserve in Atlantici Meridionale.”
- Le Scienze: “Dimensioni cerebrali e comportamento sociale nei cetacei.”
- New York Times: “Intervista al magnate della caccia alle balene in Islanda. Che non si scusa per niente.”
Rispondi