Titolo: Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa
Autore: Luis Sepùlveda
Casa editrice: Guanda



Le profondità dell’oceano hanno qualcosa di misterioso, affascinante, rilassante e, allo stesso tempo, inquietante. Non è, però, l’inquietudine per forza generata dal terrore ma piuttosto un senso di smarrimento dovuto all’immensità e all’imperscrutabilità di questo ambiente marinoe nei confronti delle creature che vi abitano.
Nel libro “Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa” di Luis Sepùlveda (edito da Guanda) emerge proprio questo elemento. Attraverso le descrizioni, i viaggi della protagonista – la balena bianca (che poi è un capodoglio, specifica l’autore) – attraverso l’oceano si scopre un mondo sommerso che non è fatto di parole ma di sguardi, intese, movimento.
La balena del “colore della luna” ha una missione specifica e, attraverso di essa, l’autore racconta l’orrore della caccia ai cetacei. Non descrive una caccia fatta per “sopravvivere”, per cibarsi della preda e rispettarla usando tutte le sue parti. No, Sepùlveda racconta di una caccia spietata, eseguita per pura avidità e ingordigia di fama e denaro.
I balenieri del libro arrivano a contrastare le leggende e la cultura del “popolo del mare”. Una civiltà che affidava i propri defunti alle balene affinché vengano portati su un’isola dove avrebbero aspettato “la fine dei giorni” e andare, insieme a tutto il proprio popolo, verso un luogo migliore.
Il libro parla anche di come la balena bianca sia diventata la famosa Mocha Dick (ovvero Moby Dick nel romanzo di Melville). Una creatura che non è nata pericolosa ma lo è diventata dall’indifferenza degli uomini.
“Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa” affonda la propria narrazione nel contesto della fiaba, della leggenda ma con forza fa emergere delle riflessioni che sono assolutamente attuali e contemporanee. Leggendolo ci si perde nel flusso delle parole e ci si avvia lungo un processo che ha per meta l’empatia: verso la natura, verso le altre culture, verso la balena ma anche verso l’umanità stessa.
Testo di Emmanuele Occhipinti
Foto di Sara Biancardi
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