Cosa fare per salvaguardare il Lago di Varese? Alcuni studi sembrano suggerire una soluzione al problema, grazie alle nano-bolle
Negli ultimi decenni, sono stati numerosi gli interventi messi in atto per il risanamento del lago di Varese. I problemi di eutrofizzazione rappresentano ancora oggi una criticità di complessa risoluzione. Pertanto, esistono alcuni metodi per fa fronte all’inquinamento. Come visto precedentemente, il Piano di Tutela e Uso delle Acque (PTUA) della Lombardia, riporta l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo previsto: diminuire la concentrazione di fosforo nel lago di Varese a 32 µg/l. Tra le misure messe in atto, il prelievo di acque nella zona più profonda del lago (ipolimnio) è stato fondamentale per allontanare gli elevati carichi di fosforo. Tuttavia, entrambi gli interventi sono stati interrotti nel 2003, data la complessità e le dimensioni del corpo idrico da risanare.



Lo studio del prelievo ipolimnico
Uno studio del 2006, ad opera di ricercatori dell’Università dell’Insubria1, in collaborazione con il personale ARPA, ha analizzato il caso di studio attraverso i dati del monitoraggio sopracitato. In particolare, lo studio documenta che il prelievo ipolimnico ha avuto una parziale efficacia sul carico di fosforo interno. In particolare, tale concentrazione è stata ridotta del 30%. È bene peraltro sottolineare come il funzionamento del prelievo ipolimnico negli anni 2000-2003 sia stato relativamente poco incisivo, in quanto ha interessato solo i 4-5 mesi estivi. Tuttavia, tale periodo è da considerarsi funzionale per il prelievo, in quanto le concentrazioni di fosforo ipolimnico sono risultate elevate.
Le aspettative sul prelievo ipolimnico
Uno studio del Politecnico di Milano, realizzato all’incirca negli stessi anni2, attraverso una modellazione semplificata del lago, valutava degli scenari di funzionamento per il prelievo ipolimnico. Lo studio stimava che un ripristino del prelievo ipolimnico con le stesse modalità dell’intervento relativo al 2000-2003, avrebbe potuto consentire di ottenere una concentrazione di circa 65 μgP/l contro gli attuali 85 μgP/l. In questo modo, i valori sarebbero risultati ottimali per il raggiungimento dell’obiettivo intermedio previsto dal PTUA di 64 μgP/l. Tuttavia, questi non sono comunque sufficienti per il raggiungimento (in 15 anni di esercizio) dell’obiettivo finale di 32 μgP/l.



Le nano-bolle contro l’inquinamento
In un contesto di questo tipo, appare evidente come le strategie di intervento dovrebbero essere combinate per ottenere dei risultati significativi, su un orizzonte temporale difficilmente inferiore al decennio. Si potrebbe, infatti, considerare l’applicazione di una tecnologia di areazione avanzata, quale ad esempio la somministrazione di aria attraverso nano-bolle3 (bolle di dimensioni dell’ordine del nanometro, 10-9 m).
Nonostante questa tecnica sia ancora relativamente rara per gli ecosistemi acquatici, dal 21° secolo, la nano-scienza è stata riconosciuta come una delle frontiere più avanzate del mondo. I nanomateriali, a causa dei loro vantaggi (alta superficie specifica, alta energia superficiale, ecc.), vengono ampiamente usati nell’industria moderna. Le nanotecnologie sono state impiegate in vari processi, tra cui la degradazione degli inquinanti organici in acqua, la conversione degli ioni tossici e la purificazione degli scarichi.
L’applicazione delle nano-bolle
La tecnologia legata alla produzione di nano-bolle è legata a due aree di ricerca principali: una è la tradizionale applicazione di nano materiali in fase solida, basata sullo studio della reazione dell’interfaccia solido-liquido e del processo per la rimozione degli inquinanti nell’acqua e nel suolo; l’altra è l’applicazione di nano-materiali gassosi, che sfrutta le particelle solide per caricare nanoparticelle gassose (come O2, O3) per migliorare la stabilità e la disponibilità del trasporto di gas.



È a questa seconda tipologia che si pensa per il miglioramento dei sedimenti lacustri. La produzione di nano-bolle consentirebbe di ossigenare anche profondità inferiori ai 10 m, dove le temperature sono più idonee alla dissoluzione di ossigeno. Tuttavia, nel trattamento delle acque su larga scala, è necessario considerare i problemi relativi all’applicazione delle nano-bolle:
- efficienza del metodo;
- costi del metodo;
- messa in sicurezza;
- effetto a lungo termine.
In termini di sostenibilità ambientale, oggi si cerca di aggiungere agenti disperdenti non tossici,ecocompatibili e a basso costo. La strategia d’intervento nel trattamento delle acque e nella bonifica del suolo è ritenuta molto promettente, ed in grado di poter aumentare la diffusione di questa tecnologia.
Testo di Arianna Azzellino – Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Politecnico di Milano e Sara Biancardi
In collaborazione con MareVivo Varese
Bibliografia
- 1S. Zaccara, A. Canziani, V. Roella, G. Crosa. 2007. A northern Italian shallow lake as a case study for eutrophication control. Limnology (2007) 8:155–160
- 2R. Salvetti, R. Vismara, A. Azzellino. 2006. Previsioni modellistiche del recupero della qualità delle acque del lago di Varese mediante prelievo ipolimnico: un approccio semplificato. Ingegneria Ambientale 7-8 (2006): 334-343.
- 3http://www.gangpan-environment.com/eng/).
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