Gli incendi e lo scioglimento del permafrost hanno portato la comunità scientifica ad interrogarsi sulla velocità dei cambiamenti climatici
Quella del 2019 non è stata un’estate semplice per l’ambiente. Anzi, è stata particolarmente disastrosa. Da un lato gli incendi nell’Artico (che hanno coinvolto soprattutto alcune regioni della Siberia), l’addio al ghiacciaio Okjokull in Islanda e lo scioglimento del permafrost e dall’altro le devastanti fiamme nella foresta Amazzonica. Pur essendo a loro modo diversi, questi fenomeni hanno delle ripercussioni sull’ambiente.
La comunità scientifica si è domandata soprattutto se i modelli avessero subito delle mutazioni non preventivate a causa dello scioglimento del permafrost (il quale a sua volta sta scomparendo più velocemente di quanto teorizzato). Il problema che emerge è che quest’ultimo rilascia in questo modo enormi quantità di metano (“imprigionato” nel sottosuolo) in atmosfera.



Cosa si aspetta la comunità scientifica
Gli scienziati temono che il cambiamento climatico globale possa in questo modo subire un’accelerazione non prevista. Secondo Vladimir Romanovsky, geofisico della University of Alaska Fairbanks, il permafrost ha iniziato a scongelarsi ben settant’anni prima del previsto.
Proprio in queste settimane, la comunità scientifica si sta interrogando sulle possibili conseguenze di questi fenomeni, sui futuri modelli climatici e sulla rapidità con cui si stanno fondendo i ghiacci della Groenlandia (per quanto questo fenomeno possa essere ciclico), con tutte le conseguenze annesse. Non è certo rassicurante sapere che in un solo giorno, il 31 luglio, si sono riversate in mare circa dieci miliardi di tonnellate di acqua.



Quello che sta emergendo da questi fenomeni è che le regioni artiche sono ben più sensibili agli effetti del riscaldamento globale di quanto preventivato dagli attuali modelli climatici (lo scenario peggiore dell’Ipcc aveva calcolato una condizione simile non prima del 2050). Insomma, quello che sta accedendo nell’Artico dovrebbe essere un ulteriore campanello d’allarme che dovrebbe indurre i governi di tutto il mondo ad agire realmente e non solo a parole nei confronti dei cambiamenti climatici.



Non tutto è perduto
Il rischio – quasi assicurato – è quello che si inneschi un vero e proprio effetto domino che porti ad un punto di non ritorno. Bisogna quindi agire e in fretta: la fusione dell’Artico non è ancora irreversibile. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antònio Guterres ha avvertito che “questi eventi estremi saranno solo la unta dell’iceberg e l’iceberg si sta rapidamente sciogliendo”. Cosa stiamo aspettando?
Articolo scritto da Emmanuele Occhipinti
Fonti:
- National geographic
- Wired
- Cnr (http://artico.itd.cnr.it)
- Arpa Valle d’Aosta
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