Le nuove valutazioni sugli adrosauri Bruno e Antonio riscrivono la storia geologica del Carso nel Createceo Superiore.
Immaginare il paesaggio ambientale delle Ere passate richiede un notevole sforzo di fantasia per chi non è un paleontologo. È sempre affascinante pensare come fosse l’ambiente e quali animali camminassero sulla Terra milioni di anni fa. Ricostruire il paesaggio, però, non è certo un lavoro semplice.
Infatti, i ricercatori hanno rivisto più volte le teorie in merito alla storia geologica di alcune regioni. Ne è un esempio quanto avvenuto in seguito al ritrovamento di alcuni adrosauri, per la precisione si parla di Tethyshadros insularis, vicino a Trieste.
Il sito fossilifero di Villaggio del Pescatore
La nostra storia ha inizio presso il giacimento fossilifero di Villaggio del Pescatore. L’area appartiene al comune di Duino Aurisina (a circa 30 km di distanza da Trieste) ed è famosa tra i paleontologi. Infatti, si tratta di un sito unico in Italia per le eccezionali condizioni di conservazione dei fossili che i paleontologi vi hanno ritrovato. Giacimenti di questo genere hanno il nome di Lagerstatte.
Il sito di Villaggio del Pescatore non è molto grande. Tuttavia, nasconde al suo interno dei tesori di immenso valore per la scienza. Tra gli strati di terra sono stati rinvenuti dinosauri, coccodrilli, pesci, crostacei e vegetali ben conservati. Le vere star dei ritrovamenti sono Bruno e Antonio. Questi sono i nomi con cui sono stati chiamati i due adrosauri che hanno fornito i dati per ricostruire il paesaggio del Carso nel Cretaceo Superiore.
Adrosauri nel Carso
I primi ritrovamenti a Villaggio del Pescatore sono avvenuti a fine degli anni ’80 con il lavoro degli studiosi Alceo Tarlao e Giorgi Rimoli. Tra i grandi rettili rinvenuti ci sono anche alcuni adrosauri della specie Tethyshadros insularis. All’epoca fece scalpore il ritrovamento del dinosauro, poi chiamato Antonio.
«L’eccezionalità della sua scoperta consiste nell’essere stato trovato tutto intero (è uno dei dinosauri più completi al mondo!) e con le ossa ancora in connessione fisiologica», si legge sul sito Internet del Museo di Storia Naturale di Trieste.



Alcuni reperti, tra cui fossili di adrosauri, al Museo di Storia Naturale di Trieste | © Museo di Storia Naturale di Trieste
Antonio e il nanismo insulare
La caratteristica di Antonio che colpì maggiormente i ricercatori fu le sue piccole dimensioni rispetto ad altre specie di adrosauri. Questo elemento indusse gli studiosi a ipotizzare di essere davanti un caso di nanismo insulare. Si tratta di un fenomeno evolutivo che comporta la riduzione delle dimensioni di una determinata specie: è quindi un adattamento per poter sopravvivere in un ambiente in cui possono esserci poche risorse alimentari, proprio come può accadere su un’isola.
Già la sola scoperta di alcuni fossili di dinosauro nel Carso fu strabiliante. Infatti, all’epoca, si pensava che durante il Cretaceo la penisola italiana fosse occupata da un mare poco profondo di carattere tropicale, non troppo diverso da quello attuale delle Bahamas. La presenza di resti fossili di creature terrestri mise in evidenza il fatto che, oltre al mare, dovevano esserci anche delle terre emerse, probabilmente delle isole.



Il nuovo scheletro di Tethyshadros insularis (a), la sua scatola cranica (c) ed il dettaglio con le informazioni importanti per l’anatomia e la sistematica. | @Chiarenza, A.A., Fabbri, M., Consorti, L. et al. An Italian dinosaur Lagerstätte reveals the tempo and mode of hadrosauriform body size evolution. Sci Rep 11, 23295 (2021)
Bruno e la nuova ipotesi
Nel 2021 – un anno interessante per quanto riguarda le scoperte scientifiche – l’ipotesi di nanismo insulare è stata rivista. Con essa è stata rivalutata anche la geomorfologia del territorio del Carso nel Cretaceo Superiore. Nel 2019, è stato studiato un altro fossile di adrosauro: Bruno. Anche Bruno è un ritrovamento eccezionale con una peculiarità: «è l’unico dinosauro al mondo a trovarsi su una piega di roccia, che curva di 180 gradi il suo scheletro» (museostorianaturaletrieste.it).
Tuttavia, la grande rivoluzione che ha portato lo studio del fossile dell’adrosauro Bruno è stata un’altra. Procediamo con ordine. Bruno ha delle dimensioni maggiori rispetto ad Antonio. Ciò ha convinto i ricercatori a rivalutare le proprie teorie sul nanismo insulare ipotizzato precedentemente per la specie Tethyshadros insularis e propendere per il fatto che, più semplicemente, Antonio era un esemplare ancora giovane, mentre Bruno era già adulto.



Ricostruzione di un esemplare di adrosauro | © Museo di Storia Naturale di Trieste
Le conclusioni elaborate grazie agli adrosauri
Da queste considerazioni i ricercatori hanno dedotto che l’area del Carso non era solo un mare tropicale costellato di isole. Ora l’ipotesi è che fossero presenti anche ampie porzioni di terra emersa che permettevano ai grandi animali terrestri di migrare.
Inoltre, i dati geologici hanno permesso di datare con maggiore precisione l’età di questi adrosauri. L’ipotesi è che abbiano calcato la Terra 80 milioni di anni fa, 10 milioni di anni prima rispetto alle prime valutazioni. Chissà quali altre sorprese ci possono rivelare i fossili e la storia della Terra.
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