L’ultimo studio di Scientific Reports potrebbe aggiungere un tassello sul lupo più antico d’Europa. Ne parliamo con Alfio Moscarella, dottorando del gruppo di ricerca.
L’ultimo studio su Scientific Reports aggiunge un tassello alla storia evolutiva del lupo grigio europeo (Canis lupus). Il gruppo di ricerca che ha condotto gli studi è italiano e confermerebbe, tramite un reperto fossile, l’esistenza di questo animale già 406 mila anni fa. Si potrebbe quindi trattare del lupo grigio più antico in Europa mai trovato! Abbiamo deciso di fare qualche chiacchera con Alfio Moscarella, dottorando all’Università della Sapienza di Roma, che ha preso parte al progetto.
In che modo è stato ritrovato questo reperto?
Il reperto, un cranio frammentato, non è stato recuperato da noi ma era già collezionato nel museo universitario. In seguito a un riordino per inventario il professor Raffaele Sardella, coordinatore del progetto, ha recuperato una scatola con frammenti ossei e un cartellino che siglava “Ponte Galeria” senza collocazione stratigrafica. In paleontologia, il valore scientifico di un fossile non ci è dato solo dalla biologia dell’animale, ma anche dalla sua collocazione spazio-temporale. È quindi importante sapere quando, dove e in che ambiente viveva.
Abbiamo capito subito che l’assenza di certe informazioni rischiava di fare pochissima luce sulla storia del reperto. Inoltre, il cartellino con cui era stato catalogato il cranio non ci aiutava neanche nel risalire all’esatto sito di estrazione del fossile. Ponte Galeria è una vasta area della periferia romana, ricca di giacimenti fossiliferi di diverse età. Non eravamo quindi a conoscenza né del punto preciso del ritrovamento all’interno di Ponte Galeria né dell’età del fossile.



Alcuni frammenti del fossile di lupo. | © Iurino, D.A., Mecozzi, B., Iannucci, A. et al. A Middle Pleistocene wolf from central Italy provides insights on the first occurrence of Canis lupus in Europe. Sci Rep 12, 2882 (2022). https://doi.org/10.1038/s41598-022-06812-5
In che modo si è svolta la ricerca?
Inizialmente, bisognava chiarire l’identità del reperto. Dawid Iurino, il primo autore del lavoro, ha sottoposto a TAC i frammenti fossili. Una volta digitalizzato, è riuscito a riassemblare i frammenti del cranio. La morfologia parziale e le misure craniometriche hanno subito lasciato pensare che l’animale potesse essere un lupo (Canis lupus). Tuttavia, avevamo un lupo tra le mani, ma non avevamo un’età. La svolta è arrivata in seguito quando, analizzando il cranio, si è prelevato del sedimento dal suo interno. Qui è entrato in gioco il professor Mario Gaeta, vulcanologo della nostra università.
Nel sedimento estratto dal cranio erano presenti degli elementi piroclastici (tefra), tra cui vetri vulcanici. Da qui è stato possibile risalire al tipo di eruzione vulcanica che li ha generati. Così, il professor Gaeta ha riconosciuto in quei materiali un’eruzione avvenuta intorno ai 406 mila anni fa. Si tratta di uno degli eventi eruttivi di quello che al tempo era il vulcano di Vico, ora lago del Lazio. Da qui, il lavoro ha raggiunto un punto di svolta: conoscevamo la datazione del fossile e, apparentemente, avevamo tra le mani il cranio di un lupo più antico del previsto.
Cosa sappiamo attualmente sul lupo grigio?
Il lupo deriva con grande probabilità da Canis mosbachensis, o lupo di Mosbach, un canide diffuso in Eurasia durante il Pleistocene fino a circa 400 mila anni fa. I primi lupi erano presenti in Europa già 350 mila anni fa. Ciò che non sappiamo esattamente, è cosa sia successo tra i 400 e i 350 mila. La comparsa del lupo non rappresenta un evento fine a sé stesso, ma è avvenuta in concomitanza con la comparsa di quei mammiferi che costituiscono il nucleo delle faune attuali dei mammiferi oggi conosciuti. Capiamo subito che trovare il “primo lupo” non è solo una corsa alla novità del momento, ma un tassello che ci permette di decifrare un quadro più grande dei cambiamenti avvenuti sul nostro pianeta.



Mappa Europea con i reperti fossili di alcuni canidi ritrovati. Grafica di D.A. Iurino. | © Iurino, D.A., Mecozzi, B., Iannucci, A. et al. A Middle Pleistocene wolf from central Italy provides insights on the first occurrence of Canis lupus in Europe. Sci Rep 12, 2882 (2022). https://doi.org/10.1038/s41598-022-06812-5
Quali sono gli step importanti che si fanno una volta trovati fossili così importanti?
Una volta entrato nel progetto e una volta capita la portata del nostro lavoro, il mio primo step è stato andare a bere qualcosa. Scherzi a parte, in queste condizioni si deve affrontare tutto con cauto ottimismo. Siamo scienziati, non possiamo lasciarci trascinare da facili entusiasmi prima di avere tra le mani dati forti a conferma della nostra teoria. Tra datazione e biometria, avevamo capito che la nostra impalcatura era solida, ma era appunto un’impalcatura e noi eravamo intenzionati a implementare i nostri dati per poggiare il nostro lavoro su pilastri solidi, e non su impalcature.
Di cosa ti sei occupato all’interno di questa ricerca?
Sono un paleoneurologo, vale a dire che mi occupo dello studio dell’evoluzione degli encefali dei vertebrati fossili. Nel mio progetto di dottorato mi occupo della paleoneurologia dei grandi carnivori, ossia i mammiferi di grossa taglia (lupi, tigri, iene). In questo lavoro mi sono occupato degli aspetti paleoneurologici del reperto. Nel particolare, il cranio è stato digitalizzato attraverso tomografia computerizzata. Da quel frammento mi è stato possibile studiare un parziale calco digitale dell’encefalo e dei seni frontali, che sono alcune delle cavità paranasali.
Nonostante l’encefalo fosse incompleto, si era conservata proprio l’area maggiormente diagnostica che mi ha permesso di attribuirlo a un lupo. Sono poi passato allo studio dei seni frontali, che possono avere morfologie peculiari da specie a specie. Studiando anche la variabilità attuale, ho notato che i seni condividevano la stessa morfologia di quelli di Canis lupus, diversa da quella di tutti i canidi attuali. Tutto questo non ha fatto altro che compattare la nostra teoria. Quello era il fossile di un lupo!



Ricostruzione del cranio di lupo. | © Iurino, D.A., Mecozzi, B., Iannucci, A. et al. A Middle Pleistocene wolf from central Italy provides insights on the first occurrence of Canis lupus in Europe. Sci Rep 12, 2882 (2022). https://doi.org/10.1038/s41598-022-06812-5
Quali sono i progetti futuri?
Questo lavoro ha sicuramente iniziato a fare ordine su tanti tasselli sparsi sull’evoluzione del lupo, e le relazioni fra questo e il lupo di Mosbach. Nel mio caso, non termineranno qui le ricerche sul lupo di Ponte Galeria, c’è ancora molto da esplorare sulla sua paleoneurologia e, ampliando i dati provenienti da altri campioni fossili, sarà possibile in futuro avere un quadro dettagliato dell’evoluzione della corteccia cerebrale all’interno del genere Canis durante il Pleistocene. Il lavoro non si ferma qui dunque.
Per tutte le informazioni divulgative, segui il profilo di Alfio Moscarella su Instagram.
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