Intervista ad Alessandra Peluso di Caretta Calabria Conservation, associazione che da anni è attiva per tutelare le tartarughe marine che nidificano in Italia.
Ci sono esperienze che ti cambiano la vita. Veri e propri momenti che porterai nel cuore per sempre. Una vacanza all’insegna della sostenibilità e della tutela delle specie marine è una di queste. L’associazione calabrese Caretta Calabria Conservation, con i suoi campi estivi, da anni si occupa di progetti di tutela della tartaruga marina Caretta caretta lungo la costa ionica calabrese. Abbiamo intervistato Alessandra Peluso, che dal 2017 collabora con l’associazione coordinandone le varie attività.
Ciao Alessandra, grazie per aver accettato di partecipare all’intervista. Qual è il tuo percorso di studi e che ruolo hai nell’associazione?
Sono una biologa della conservazione, laureata all’Università Federico II di Napoli. Ho conosciuto l’associazione Caretta Calabria Conservation nel 2017, dopo averne visto una locandina all’università di cui mi aveva colpito molto la foto del piccolo di tartaruga.
Poco tempo dopo una mia amica mi ha proposto di partecipare ai campi dell’associazione. Decido così di prenotare. All’inizio non sapevo bene cosa aspettarmi e non ero mai stata nel luogo in cui si svolgono le attività (Capospartivento).
Attualmente mi occupo di varie attività per l’associazione. Nello specifico gestisco i profili social e le attività di comunicazione. Sono attiva anche sul campo durante i periodi di nidificazione e schiusa delle uova di Caretta caretta. Le operazioni di monitoraggio e messa in sicurezza dei nidi hanno l’autorizzazione del Ministero della Transizione Ecologica.
Quando e come è nata l’associazione?
Caretta Calabria Conservation è una onlus nata nel 2012. I cinque soci fondatori decisero di impegnarsi nella tutela delle tartarughe marine dopo aver svolto dei progetti di conservazione.
Lo scopo della onlus è quello di partecipare attivamente alla conservazione della tartaruga marina Caretta caretta, una delle tre specie di tartaruga marina (insieme a Chelonia mydas, la tartaruga verde, e alla tartaruga liuto, Dermochelys coriacea) che vivono nel Mediterraneo.
Delle tre specie, C. caretta è l’unica a nidificare sulle coste italiane, prediligendo in particolare la costa ionica calabrese. Qua vengono rinvenuti ogni anno circa l’80% del totale dei nidi italiani di questa specie. Essendo un’organizzazione non governativa, Caretta Calabria Conservation porta avanti i suoi progetti sia grazie alle libere donazioni dei cittadini sia tramite i campi di ricerca e formazione.
Quali attività promuove?
Le attività principali svolte dall’associazione consistono innanzitutto nel monitoraggio attivo di 100 Km della costa ionico-reggina nel periodo che va da maggio a ottobre. L’obiettivo è quello di identificare e localizzare le tracce di nidi e di tartarughe stesse. Tutto ciò è reso possibile grazie alla competenza del team dell’associazione, che è in grado di superare tutte le sfide che tali attività comportano. Non sempre, infatti, dietro una traccia si nasconde un nido, perché spesso le tartarughe adulte risalgono sulla spiaggia senza necessariamente deporre le uova.
La seconda attività è la messa in sicurezza del nido da eventuali pericoli esterni, nonché dalla curiosità delle persone in spiaggia. A questa attività segue una veglia notturna del nido e un pattugliamento giornaliero nei 40-50 giorni precedenti la schiusa.
Un’altra attività fondamentale è la conservazione dell’habitat tipico di Caretta caretta. Negli ultimi anni abbiamo provveduto, insieme all’associazione Por Calabria, alla piantumazione di molti esemplari di Ginepro fenicio (Juniperus phoenicia), una pianta endemica che fornisce riparo alle tartarughe marine e caratteristico dell’habitat dunale.
Svolgiamo, inoltre, diverse altre attività tra cui la gestione del Museo del mare di Brancaleone; educazione ambientale nelle scuole con il progetto Sea Heroes; e attività di collaborazione con altre associazioni di tutela del mare (World Rise Onlus e la campagna 30X30) e delle tartarughe (Tartamare, Tartapedia, Tao Onlus e BlueConservancy), università ed enti, e progetti di sensibilizzazione verso i cittadini.
Parlaci meglio dei campi: quali attività sono previste?
Sono campi aperti a tutti che prevedono principalmente attività di supporto al team autorizzato alla manipolazione delle uova e degli esemplari di tartaruga.
È prevista anche la possibilità di ottenere crediti formativi per attività di stage universitari. Per questo motivo sono particolarmente incoraggiati a partecipare gli studenti di facoltà come Scienze Naturali, Scienze Ambientali, Biologia Marina e Biologia della Conservazione. Tuttavia, possono unirsi al gruppo anche semplici appassionati di mare e natura che con il tempo possono diventare volontari, o persone che semplicemente vogliono trascorrere una vacanza in modo diverso dal solito.
I campi offrono la possibilità di sviluppare diverse skills, sia nel monitoraggio che nelle relazioni con il pubblico, essendo prevista anche la possibilità di guidare i visitatori alla scoperta del Museo del mare di Brancaleone. Sono possibili, inoltre, lezioni frontali sulla biologia ed ecologia di Caretta caretta. Non mancano poi attività come il monitoraggio dei cetacei e lo snorkeling per l’identificazione della flora e fauna marina, la pulizia delle spiagge e le visite ai vari parchi naturali della zona.
Quali obiettivi vi proponete di raggiungere per la prossima stagione?
Speriamo di accrescere nelle persone una maggiore sensibilità verso le tematiche legate alla conservazione della tartaruga marina e ai rischi a cui possiamo esporre questi animali con i nostri comportamenti irresponsabili. Azioni illegali come la guida di auto o quad in spiaggia l’anno scorso hanno causato la distruzione di un nido di Caretta caretta. Ci auguriamo che le persone possano giungere a una maggiore consapevolezza di questi rischi e di quanto la conservazione degli animali dipenda anche da noi. Non solo nel Mediterraneo, ma in tutto il mondo.
Quali consigli ti senti di dare a un aspirante biologo conservazionista?
Serve essere persone molto appassionate e motivate. Purtroppo, in Italia è difficile trovare un lavoro stabile in questo ambito, perché nel nostro paese le attività di conservazione delle specie a rischio sono poco conosciute o poco finanziate. Per questo motivo è sempre meglio avere anche un piano B e magari impegnarsi in attività di volontariato in ambito conservazionistico o farlo come secondo lavoro.
Consiglio in ogni caso di fare quanta più esperienza possibile sul campo. Mi auguro, infine, che chiunque si avvicini al mondo della conservazione maturi in sé il desiderio di sensibilizzare le persone che ci vivono accanto sul rispetto della biodiversità e sulla consapevolezza che siamo ospiti e non padroni della Terra.
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