Cause e conseguenze delle invasioni da parte delle specie aliene, un fenomeno in allarmante crescita che danneggia gli ecosistemi.
Se pensiamo alle invasioni da parte di specie aliene il nostro pensiero corre subito ai film di fantascienza con cui molti di noi sono cresciuti. Invece, in natura, gli alieni non provengono da galassie lontane, ma da diversi areali, e la convivenza con gli autoctoni (gli organismi viventi originari di una determinata area geografica) non è sempre facile. In questo articolo andremo ad analizzare le cause e le conseguenze di questo fenomeno ecologico, di cui non si parla mai abbastanza.
Specie aliene: etimologia e origini del fenomeno
In ecologia si definisce specie aliena (o alloctona) una specie animale o vegetale introdotta in un’area geografica diversa da quella in cui normalmente è in grado di sopravvivere, riprodursi e senza dover affrontare rischi che potrebbero causarne l’estinzione.
L’arrivo di queste specie in areali diversi dal proprio va ad interferire sul delicato equilibrio dell’ecosistema ospitante. Infatti, molti animali possono instaurare relazioni di predazione e di competizione nei confronti delle specie autoctone, nonché veicolare virus letali ed innescare pandemie.
Il contributo dell’attività dell’uomo
La causa di tutto questo, il più delle volte, è da attribuire all’attività antropica correlata al commercio ed alla globalizzazione. La famigerata peste nera del Seicento, ad esempio, fu causata dalla diffusione del virus Yersinia pestis, trasmesso agli esseri umani attraverso i topi che spesso invadevano le stive delle grandi navi mercantili. Le basse temperature favorirono le condizioni per la riproduzione di questi animali. Inoltre, la nascita di nuove rotte commerciali furono fattori determinanti nella diffusione della malattia.
In anni più recenti (1997), l’introduzione accidentale di un esemplare di Rattus norvegicus nelle isole Seychelles attraverso una nave mercantile, e la sua conseguente eradicazione attraverso l’uso di pesticidi, causò la morte per biomagnificazione (accumulo ed aumento della concentrazione delle sostanze tossiche man mano che si risale la catena trofica) di esemplari di altre specie animali, come rettili ed uccelli. Ciò spinse le autorità locali a cercare una soluzione al problema che non avesse conseguente negative sulla conservazione delle specie endemiche dell’isola.
Il caso del gambero della Louisiana
Esistono centinaia di esempi di specie aliene in letteratura scientifica, alcuni più noti al pubblico e molti altri riguardanti specie meno comuni (come la Popillia japonica). Tra tutte le specie aliene, una in particolare negli ultimi anni ha destato l’attenzione degli scienziati per gli effetti che ha causato sugli ecosistemi e sull’economia europea. Si tratta del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii). È una specie di crostaceo d’acqua dolce che negli ultimi anni, per via dei suoi effetti nocivi sull’ecosistema, si è guadagnato il soprannome di “gambero killer”.
A differenza di altre specie aliene, la cui introduzione negli ecosistemi marini è stata del tutto accidentale, questa specie di gambero rosso originaria del Nord America, è stata introdotta intenzionalmente in Spagna nel 1973 in alcuni impianti di acquacoltura. Da qui è riuscita ad evadere fino ad essere segnalata ad oggi in 16 Paesi europei.
Gli effetti del suo arrivo sono stati talmente devastanti a vari livelli, da essere stato classificata come una delle 100 specie più invasive al mondo.
Le conseguenze del gambero della Louisiana
Grazie alle sue abilità escavatrici, ad esempio, e alla sua capacità di costruire buchi e gallerie, ha causato un’alterazione significativa negli ecosistemi dunali e costieri, esponendo questi delicati ambienti al rischio di erosione e di innalzamento del livello marino. Inoltre, solo nel Nord Italia, il 30% dei canali d’irrigazione hanno subito danni a causa delle gallerie scavati dal gambero rosso, con conseguenze notevoli sull’economia e sulla gestione dei sistemi irrigui.
Inoltre, le modificazioni apportate ai parametri dell’acqua marina hanno provocato anche delle fioriture di cianobatteri, con conseguente eutrofizzazione (eccesso di sostanze organiche che possono causare la riduzione della concentrazione di ossigeno all’interno del corpo idrico).
Virus e batteri veicolati dalle specie aliene
Oltre a rappresentare un rischio a livello ambientale, il gambero rosso rappresenta anche un vettore della peste dei gamberi, un’infezione fungina causata dal parassita Aphanomyces astaci. Quest’ultima ha causato un declino nelle popolazioni di alcune specie di crostacei europei, come il gambero di fiume (Astacus astacus) e il gambero di fiume turco (Astacus leptodactylus), oltre ad essere l’ospite di un’altra specie fungina patogena, il Batrachochytrium dendrobatidis, responsabile della chitridiomicosi, malattia che colpisce molte specie di anfibi.
Inoltre, questa specie di gambero ha dimostrato di avere comportamenti predatori verso altre specie di crostacei, anfibi, pesci e macrofite, nonché effetti di biomagnificazione sulla macrofauna e di distruzione di culture di riso.
Corsa ai ripari
Le conseguenze di tutto ciò sono state talmente devastanti da aver spinto i vari governi nazionali a varare leggi sul commercio e la detenzione di questa specie. Lo scopo è quello di preservare sia gli interessi commerciali che il benessere degli ecosistemi. Tuttavia, la soluzione al fenomeno dell’invasione di specie aliene passa soprattutto dall’informazione e da un’educazione improntata al rispetto animale, nonché dai piccoli gesti quotidiani.
Se è sempre sconsigliato, infatti, comprare animali esotici da venditori ambulanti nelle fiere e durante le feste tradizionali, è sbagliato anche l’atteggiamento opposto, ovvero liberare questi animali nell’ambiente una volta comprati, per il rischio di introdurre specie aliene e di danneggiare l’ecosistema e di incorrere in nuove forme di zoonosi, come il famigerato vaiolo delle scimmie. Prevenire le pandemie, in fondo, dipende anche da noi.
Fonti
- The red swamp crayfish Procambarus clarkii in Europe: Impacts on aquatic ecosystems and human well-being. Grousset et al., (2016). Limnologica 58, 78-93;
- Norway rats (Rattus norvegicus) on Frégate island: the invasion, subsequent eradication attempts and implications for the island’s fauna. Thorsen et al., (2000). Biological conservation 96, 133-138.
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